“Vieni da un’epoca che sembra una Nazione scomparsa. Sei ancora bella come una dea, la gente ti passa accanto quasi intimorita, vedo i loro sguardi seguirti, mentre cammini come in una cerimonia antica, eppure in mano hai quasi sempre una Lucky Strike, non uno scettro…”
Risero entrambe, la dea con gli occhi, la nipote socchiudendo una piccola bocca fatta dai petali di un geranio, tra i quali comparve subito dopo una sigaretta.
Rimasero lì in piedi, insieme nel loro fumo, il muro di pietra riceveva le loro ombre oblique; il tempo scorreva ai loro piedi, un ruscello che le separava dai piccoli crocchi di turisti e di passanti, lontani; la nipote indossava una camicetta senza maniche; sull’avambraccio sinistro, sulla superficie volare, più chiara e delicata, un piccolo disegno azzurro , una goccia azzurra, sormontata da una piccola sigla, “HG”.
“Sai cos’è?” Chiese la nipote.
La Dea aveva già notato la novità.
” Una goccia di mercurio.”
“Bravissima! Vuoi sapere cosa significa per me, questo?”
La Dea annuì, con dolcezza. Ma non riuscì a sentire neppure una parola dell’appassionata spiegazione; vedeva il viso chiaro e delicato della nipote, ed i suoi occhi neri ,un po’ grandi per quel viso, divennero laghi notturni sulla cui superficie lo Scriba degli Dei tracciava, nel silenzio , il nome del desiderio perduto. Prese la nipote sottobraccio, mentre continuava a parlare, e con lei, al suo passo, percorse il breve spazio che la separava da una birra gelata.